Come riconoscere un infarto

L’infarto al miocardio è una delle cause più frequenti di accesso al pronto soccorso, nonché una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati: in Italia ne vengono colpite 140 mila persone ogni anno, ecco perché di fronte ai sintomi non bisogna perdere tempo. Ogni minuto è prezioso e riconoscere tempestivamente i sintomi può davvero salvare una vita. 

Naturalmente aver frequentato un corso di pronto soccorso per diventare BLSD laico (la sigla significa Basic Life Support and Defibrillation, mentre “laico” vuol dire che nella vita non esercita una professione medica) dà la possibilità ad ognuno di noi di poter intervenire in caso di una situazione di primo soccorso, relativa ad un arresto cardiaco, con la possibilità di utilizzo del defibrillatore (DAE).

Il sintomo più riconoscibile dell’infarto è un dolore al petto che si irradia al braccio sinistro, ma non è l’unico. L’attacco di cuore avviene in seguito alla rottura o erosione della placca aterosclerotica, ovvero un ispessimento della parete interna di un’arteria coronarica. Questa rottura porta alla formazione di un coagulo che blocca totalmente o parzialmente il flusso di sangue, che non arriva più al cuore per irrorarlo.

Il primo sintomo, quello del dolore al torace, somiglia a una morsa che opprime il petto e si manifesta allo stesso modo negli uomini e nelle donne, nella quali il rischio di infarto aumenta notevolmente dopo la menopausa. Le donne generalmente si ritengono a minor rischio cardiovascolare rispetto agli uomini, perciò tendono a sottovalutare le prime avvisaglie. 

Di solito questo tipo di dolore inizia dietro lo sterno, nella parte sinistra del torace o all’inizio dello stomaco, ma successivamente si può irradiare alle braccia, alla schiena, al collo e alla mandibola. A questi sintomi possono aggiungersi difficoltà di respirazione, nausea, vertigini e sudorazione improvvisa: sono tutti sintomi non specifici dell’infarto, ma vanno presi in considerazione se si presentano insieme al dolore toracico. Anche una stanchezza estrema senza un giustificato motivo, a volte già nei giorni precedenti all’infarto, insieme ai giramenti di testa e all’affanno nella respirazione, soprattutto se accompagnati da improvvise tachicardie, sono segnali da tenere sotto controllo se si presentano con frequenza. 

La cosa migliore da fare è rivolgersi al proprio medico ed eventualmente eseguire degli esami specifici, in particolar modo se si è in presenza di uno o più fattori di rischio, come l’età, il colesterolo alto, l’ipertensione arteriosa, il diabete, il sovrappeso e la presenza in famiglia di problemi cardiovascolari. 

Quando si sospetta di aver avuto un infarto, o che qualcuno vicino a noi abbia avuto i sintomi, bisogna rivolgersi al pronto soccorso più vicino ed eseguire un elettrocardiogramma a 12 derivazioni, che può essere in grado di stabilire se è presente un’ischemia cardiaca acuta, se è necessario un intervento di angioplastica o se sono sufficienti dei farmaci per sciogliere il coagulo. In ospedale è possibile inoltre eseguire un esame del sangue che si chiama Troponina Alta Sensibilitа (Troponina HS) che permette di evidenziare se il soggetto ha presentato una condizione di sofferenza del muscolo cardiaco nelle ore precedenti e quindi procedere a un percorso terapeutico.

Chi assiste ad un infarto deve contattare i soccorsi, mantenendo con loro il contatto per ascoltare le indicazioni fornite dall’operatore  in attesa che arrivi l’ambulanza. Grazie a queste manovre sarà possibile rallentare la diffusione dell’infarto e aumentare il minutaggio a disposizione dei soccorritori. Nel caso in cui all’infarto faccia immediatamente seguito l’arresto cardiocircolatorio è indispensabile procedere immediatamente con il massaggio cardiaco, un’altra manovra che si impara ai corsi di pronto soccorso. La tempestività nell’intervento è fondamentale e aumenta le probabilità di salvare la vita alla vittima di infarto.